La Terapia Cognitivo-Comportamentale si basa sulla partecipazione attiva fra terapista e paziente e utilizza il dialogo socratico per esplorare emozioni e pensieri. In particolare mette a fuoco come i pensieri, le emozioni e i comportamenti si influenzino vicendevolmente. Col terapista ci si mette nel ruolo di investigatori e scienziati e si osservano i propri pensieri negativi e irrazionali e come questi non aiutino a crescere e star bene; ci si mette nel ruolo di avvocati difensori e si valuta e si sfida la veridicità di questi pensieri, sostituendoli con pensieri più veritieri e razionali; gradatamente si sfida la propria ansia e ci si spinge un po’ più in là. Comuni distorsioni sono il catastrofismo, il vedere situazioni in bianco e nero, il minimizzare la propria forza, il proprio valore, e il proprio contributo e ingigantire il valore degli altri e il pericolo delle situazioni. Il fine della terapia è ritrovare l’obbiettività: riconoscere la differenza fra ansia e vero pericolo; valutare correttamente il proprio ambiente e il proprio ruolo e valore; cambiare e migliorare ciò che veramente facciamo male e possiamo cambiare. In questo percorso la terapista è molto attiva. Le associazioni libere, fondamentali per il lavoro psicoanalitico e psicodinamico, sono viste in questo contesto più come divagazioni che come potenziali illuminazioni, perché lo scopo della seduta è rimanere sullo stesso tema e apprendere nuovi strumenti finché non si cambia il modo di pensare. Le sedute sono partecipative e intense e volendo il lavoro può essere continuato con compiti per casa. La terapista aiuta a correggere i difetti di percezione, ad affrontare la tendenza a procrastinare, a mantenere l’astinenza da comportamenti problematici, ad affrontare situazioni necessarie che si tendono ad evitare per motivi di ansia o mancanza di autostima.
La terapia cognitivo-comportamentale è consigliata per combattere la depressione, la dipendenza, l’ADHD, le fobie, l’ansia e il disturbo ossessivo compulsive.